Esame della Legittimità nel Recupero dei Crediti Cartolarizzati: Normative e Interpretazioni Contrapposte
Sommario
- Introduzione: che cosa si intende per cartolarizzazione e legittimità dell’azione
- Le sub-deleghe sono legittime?
- I vari indirizzi interpretativi
- Conclusioni
Introduzione: che cosa si intende per cartolarizzazione e legittimità dell’azione
Il presente articolo affronta la questione della legittimità dell’azione giudiziaria per il recupero dei crediti cartolarizzati.
Per chi non ha familiarità con il settore, prima ancora di entrare nel vivo dell’argomento, è importante spiegare alcuni concetti fondamentali come chi può intraprendere azioni legali e cosa significa cartolarizzazione.
Le azioni legali possono essere intraprese solo da chi è legittimato ad agire (nei tribunali) per la tutela di un determinato diritto in virtù di una serie di criteri previsti dalla legge.
La cartolarizzazione è un processo finanziario mediante il quale i crediti, come ad esempio mutui ipotecari, prestiti personali o altri tipi di debiti, vengono trasformati in titoli obbligazionari. In pratica, una banca o un’altra istituzione finanziaria raggruppa un insieme di crediti e li vende ad una società che, per pagarne il prezzo di acquisto, emette dei titoli. La società acquirente è detta anche veicolo perché trasforma i crediti in titoli. Con il ricavato della vendita dei titoli viene poi corrisposto alla banca che ha venduto il credito il relativo corrispettivo.Queste società veicolo non possono esercitare altre attività se non quelle di cartolarizzazione, pertanto, per l’incasso delle somme dovute in relazione ai crediti ceduti viene individuato un soggetto qualificato (cd Servicer)il quale a sua volta può avvalersi di uno o più ausiliari per gestire il recupero dei crediti.
Negli ultimi anni è stato registrato un aumento significativo nel trasferimento di crediti bancari e nella loro successiva cartolarizzazione, come previsto dalla legge n. 130/99. Questo processo comporta il trasferimento dei crediti da una parte (il cedente) a un’altra (il cessionario), che poi li impiega come garanzia per emettere titoli cartolarizzati.
Solitamente l’attività di recupero dei crediti, una volta cartolarizzati, viene affidata a società esterne specializzate. Queste società, note come servicer, sono incaricate di gestire il recupero dei crediti in modo efficiente e professionale. Il motivo principale dietro questa pratica è il fatto che le società di recupero dei crediti spesso hanno risorse e competenze specializzate che le rendono più capaci di gestire tale attività rispetto alle parti coinvolte nella transazione originaria.
Le dimensioni crescenti delle operazioni di cartolarizzazione e di trasferimento di crediti bancari hanno condotto, sempre più frequentemente, all’uso delle sub-deleghe nel recupero dei crediti.
Le sub deleghe sono legittime?
La questione della legittimità del processo di sub-delega nel recupero dei crediti trasferiti e cartolarizzati secondo la legge n. 130/99 è oggetto di un acceso dibattito che verrà di seguito sintetizzato.
Sebbene la delega del servizio a terzi come gli special servicer sia una pratica legittima e riconosciuta, è essenziale che venga gestita in modo responsabile e che vi sia una regolamentazione adeguata per proteggere gli interessi di tutte le parti coinvolte che riguardano non solo chi a venduto e comprato i crediti ma anche il master e special services oltre che gli investitori.
In questo contesto è cruciale comprendere che, una volta cartolarizzati, i crediti si trasformano in titoli finanziari negoziabili che vengono offerti agli investitori. Conseguentemente, la supervisione delle operazioni di cartolarizzazione sonofondamentali per garantire la trasparenza, la correttezza e la sicurezza del mercato dei titoli cartolarizzati, nonché per proteggere gli interessi degli investitori e promuovere la stabilità finanziaria.
La legge prevede che i documenti informativi riguardanti i titoli finanziari coinvolti nelle operazioni di cartolarizzazione includano chiaramente il nome del soggetto responsabile della raccolta dei pagamenti relativi ai crediti. Questo soggetto deve essere registrato presso l’Albo previsto dall’articolo 106 del Testo Unico Bancario (TUB), poiché questa registrazione viene vista come una garanzia fondamentale per assicurare il buon funzionamento del sistema finanziario e per tutelare gli interessi degli investitori. Le aziende iscritte a questo Albo devono soddisfare specifici standard e requisiti professionali, contribuendo così a garantire l’onestà, l’affidabilità e la solidità delle operazioni finanziarie. In sostanza, l’iscrizione all’Albo ex articolo 106 del TUB funge da un sigillo di qualità e conformità normativa, offrendo una maggiore sicurezza agli investitori e preservando la stabilità e l’integrità del mercato finanziario.
Detto in altri termini chi recupera i crediti ceduti cartolarizzati deve essere iscritto in un apposito Albo altrimenti non è legittimato.
Nonostante ciò abbiamo assistito al proliferare di numerose azioni di recupero credito promosse da soggetti non iscritti all’albo di cui all’articolo 106 Tub e quindi ad un’attività di riscossione svolta da chi è privo dei requisiti previsti dalla legge.
I vari indirizzi interpretativi
Varie pronunce dei giudici di merito tra il 2023 e il 2024 hanno accertato la carenza di legittimazione alla riscossione dei crediti cartolarizzati perché il creditore procedente non era iscritto all’albo ex articolo 106 TUB.
I giudici hanno basato la loro decisione sul dettato normativo dell’art. 106 T.U.B., il quale stabilisce che solo determinati soggetti possono riscuotere i crediti delle SPV.
Per parafrasare, si è detto che violare l’art. 2 comma 6 della legge 130/1999 equivale a trasgredire una norma fondamentale che protegge l’interesse pubblico nell’assicurare che solo soggetti qualificati possano riscuotere i crediti.
Quindi, se una società veicolo conferisce la procura per la riscossione dei suoi crediti a una società non registrata come richiesto dall’art. 106 T.U.B., l’atto è considerato nullo, poiché viola una norma essenziale ai sensi dell’art. 1418 comma 1 c.c.
Secondo un’altra interpretazione della legge, anche in seguito a una comunicazione della Banca d’Italia, è stato stabilito che esiste una distinzione tra “master servicer” e “special servicer” o “sub servicer”. Quest’ultimo, pur non essendo soggetto alla vigilanza della Banca d’Italia, può recuperare i crediti legalmente se autorizzato dall’art. 115 T.U.L.P.S., anche se non registrato nell’elenco dell’art. 106 T.U.B.
In altre parole, non è considerato rilevante se il sub servicer non è registrato nell’elenco, poiché le leggi pertinenti non trattano esplicitamente il mandatario del cessionario del credito in modo tale da invalidare la procura.
La Corte di Cassazione ha recentemente esaminato la questione e, con un’ordinanza del 18 marzo 2024, ha aderitoall’interpretazione secondo cui il mancato inserimento nell’elenco del sub servicer, secondo l’art. 106 T.U.B., non influisce sulla validità dell’azione esecutiva.
Nel dettaglio, la Corte ha valutato se le norme dell’art. 2, comma 6, della Legge n. 130 del 30 aprile 1999 e dell’art. 106 T.U.B., lette insieme, possano essere considerate norme obbligatorie a tutela degli interessi pubblici. Se così fosse, la violazione di queste norme porterebbe alla nullità di tutte le attività delegate ai mandatari e al conseguente recupero del credito.
Secondo la Corte Suprema, queste norme riguardano esclusivamente il settore bancario-finanziario e sono già soggette a specifici organi di vigilanza (in particolare la Banca d’Italia) per garantire il loro rispetto, di conseguenza non sono soggette al rispetto della normativa civilistica semmai la violazione di queste norme può comportare anche conseguenze penali.
Quindi, escludendo il carattere obbligatorio di tali norme, la Corte di Cassazione ha stabilito che la violazione di queste disposizioni, come il mancato inserimento nell’elenco dell’art. 106 T.U.B. per i sub servicer, non invalida né i contratti tra SPV e Servicer né le attività successive di recupero del credito.
Nonostante la pronuncia della Cassazione, alcuni giudici di merito continuano a considerare non legittimate alla riscossione dei crediti cartolarizzati alcune società in quanto non iscritte nell’albo degli intermediari finanziari.
Conclusione
Senza ombra di dubbio la questione della legittimità dell’azione giudiziaria per il recupero dei crediti cartolarizzati sarà oggetto di numerosi contenziosi in quanto, sebbene la Cassazione ritenga che l’attività di riscossione possa essere promossa da soggetti non iscritti all’albo ex art 106 TUB, (poiché considera le relative norme come regolamenti che riguardano principalmente aspetti penali anziché civili), il dato normativo può essere interpretato diversamente.
Infatti, l’art. 2, comma 6, della legge 130/1999 stabilisce in modo inequivocabile che solo soggetti iscritti all’albo possono svolgere l’attività di riscossione e, la Corte di Cassazione ha precedentemente confermato che le norme imperative non si limitano alla struttura dei regolamenti, ma includono anche quelle che vietano specificamente la stipula di contratti in determinate circostanze. Di conseguenza, l’art. 106 TUB rientra in queste norme, limitando la stipula di contratti di riscossione solo ai soggetti registrati nell’albo degli intermediari finanziari.
In conclusione, pur riconoscendo l’autorità della Corte Suprema, si auspicache i vari giudici di merito interpretino le norme anzidette in modo diverso al fine di accertare l’illegittimità delle pratiche di riscossione promosse da soggetti non autorizzati.